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Fondazione Cetacea Riccione e Ospedale delle Tartarughe > Blog  > Calcareous nannofossils to reconstruct the Eastern Mediterranean Sea […]

Calcareous nannofossils to reconstruct the Eastern Mediterranean Sea […]

Calcareous nannofossils to reconstruct the Eastern Mediterranean Sea paleoceanography at the time of sapropel S6 deposition (180 ka ago)

 

Tesi di Laurea Magistrale in Biologia Marina della Dott.ssa Laura Aiudi – Università Politecnica delle Marche.

 

In breve: Indagare le condizioni paleoclimatiche che hanno portato alla deposizione del sapropel S6 tramite lo studio delle associazioni di nannofossili calcarei, il confronto con la letteratura e altri proxy provenienti dalla stessa carota quali isotopi stabili dell’ossigeno, dinocisti e pollini.

 

Abstract:

Il Mediterraneo viene definito come perfetto “laboratorio” per studiare l’effetto dei cambiamenti climatici in quanto soggetto a questi più di altre zone.

Essendo infatti un bacino semichiuso è più sensibile alle variazioni del clima e soprattutto all’elevata pressione antropica a cui è soggetto.

Anche in passato il Mediterraneo è stato interessato da grandi cambiamenti ambientali, utili alla comprensione degli attuali cambiamenti globali.

I record geologici evidenziano come la deposizione di sedimento emipelagico ossigenato si sia periodicamente alternato a strati di sedimento anossico di colore scuro-nero, chiamati Sapropel.

Questi strati sono l’impronta di un netto cambiamento ambientale verificatosi più volte, in maniera ciclica, nel bacino del Mediterraneo, negli ultimi 5.3 Ma.

L’analisi di questi strati fornisce alla ricerca un ottimo strumento nello studio del paleoclima e della paleoceanografia, e permette, in ottica futura, di comprendere meglio quelle che sono le forzanti naturali che possono esprimersi durante i cambiamenti climatici.

I sapropel sono l’oggetto di questa tesi, in particolare il Sapropel S6, definito “freddo” poiché è l’unico dei sapropel, insieme a S8, ad essersi depositato in un periodo glaciale, circa 180 ka.

L’obiettivo del presente lavoro è quello di indagare le cause della deposizione di tale inusuale sapropel. Infatti, dalla loro scoperta, è in atto all’interno della comunità scientifica, un acceso dibattito sulle cause della deposizione dei sapropel. Le due teorie principali proposte sono: il modello della stagnazione (ovvero formazioni in condizioni di anossia) da un lato e il modello della produttività (che incrementa il flusso di materiale organico verso il fondo) dall’altro.

L’area studiata in questo lavoro è quella del Mar Ionio, in cui nel 1993 è stata prelevata la carota M25/4-12. L’analisi dell’intera carota, di cui Joerg Keller e Michael Kraml dell’Università di Friburgo ne hanno descritto le caratteristiche dei differenti intervalli litologici, era parte di uno studio sul tardo Quaternario del Mediterraneo Orientale a cura di A. Negri et al.1999.

Come mezzo per lo studio delle cause della deposizione del S6 sono stati utilizzati i nannofossili calcarei, ovvero fossili di Coccolitoforidi che si sono depositati sul fondale marino. L’analisi quantitativa e qualitativa dei nannofossili calcarei permette di investigare le condizioni ambientali nel corso della storia geologica.

I Coccolitoforidi sono un importante gruppo del fitoplancton ed elemento chiave della produzione primaria e dei principali cicli biogeochimici marini. La loro distribuzione è influenzata da variazioni ambientali come temperatura, salinità, nutrienti e luce e infatti in base alle loro preferenze ecologiche si può risalire alle variazioni paleoambientali avvenute in tempi passati, in particolar modo in questo lavoro durante la deposizione di S6.

L’analisi quantitativa dei nannofossili calcarei è stata effettuata tramite una metodologia sperimentale, teorizzata da Flores et al. (1997), che permette di conoscere il numero di nannofossili calcarei per grammi di sedimento all’interno di un campione. Nonostante sia un metodo vantaggioso per quanto riguarda l’effettiva analisi delle abbondanze assolute dei nannofossili calcarei, risulta essere alquanto macchinoso e lungo, la cui preparazione rischia di compromettere la qualità dei campioni. Ulteriori prove sono quindi necessarie per confermare la validità di questo metodo.

Insieme ai dati delle abbondanze assolute e relative dei nannofossili calcarei, grazie alla collaborazione con Australian National University e l’Università di Utrecht, sono stati utilizzati anche i dati sugli isotopi stabili dell’ossigeno δ18O e le analisi di dinocisti e di pollini.

Questi dati hanno permesso di evidenziare diverse caratteristiche in termini di associazioni e loro significato paleoceanografico del sapropel S6. Esso può essere diviso in 3 intervalli: la base S6a, S6b intervallo tra due interruzioni e S6c che comprende il top del sapropel. In generale le abbondanze ci mostrano un andamento decrescente verso il top della carota.

L’intervallo pre-sapropel è caratterizzato da basse temperature (12°C) e infatti la specie che mostra picchi di abbondanza è Coccolithus pelagicus definita “cold species”. La base del sapropel è caratterizzata invece da temperature più elevate (16/17°C), come ipotizzato per gli altri sapropel da Emeis et al., (2003).

S6a mostra un generale raffreddamento verso il top, ma un aumento di Florisphaera profunda, ci permette di identificare la formazione di un DCM. Infatti, tutto il sapropel S6 è caratterizzato da un’alta produttività. Questa produttività è suggerita anche dall’alternanza di C. pelagicus e Helicosphaera carteri che indicano alta produttività rispettivamente a temperature basse e a temperature un po’ più calde e condizioni di torbidità, probabilmente dovute ad un apporto di acque dolci da costa.

Nell’intervallo S6b e S6c, F. profunda ci mostra un andamento opposto, decresce a discapito di H. carteri. Probabilmente ciò è dovuto ad una condizione generale di apporto di acque provenienti da sbocchi fluviali e quindi da costa che crea torbidità e non permette la formazione di DCM, come nella parte bassa del S6.

L’aumento dell’apporto di acque di origine fluviale è anche suggerito dalle abbondanze delle specie “rimaneggiate”, infatti ci troviamo in una zona di scarpata e al momento della deposizione. Si possono anche ipotizzare eventi di cascading o torbiditici innescati a seguito di piene fluviali con conseguente trasporto in profondità di sedimenti deposti originariamente in zone di piattaforma. L’analisi delle dinocisti supporta l’ipotesi di condizioni di alta produttività e di trasporto di nutrienti. Mentre l’analisi sull’associazione pollinica rivela che questo sapropel non si è depositato in condizioni così aride, come si dovrebbe supporre dal periodo glaciale, ma probabilmente la sua formazione è avvenuta in un periodo di intermedio tra un clima arido e uno più umido.

In conclusione, la temperatura non sembra aver un ruolo decisivo sulla deposizione di questo sapropel, ma solo sul comportamento delle masse d’acqua: scarico di acque dolci e scioglimento di ghiaccio, dovuto alle fluttuazioni di temperatura, hanno permesso la creazione di un “blanket” superficiale che ha verosimilmente inibito il rimescolamento delle acque profonde, portando ad anossia.

I trend espressi dalle differenti specie di Coccolitoforidi evidenziano che sapropel si è iniziato a depositare dopo un primo picco di produttività e formazione di un DCM che ha innescato un alto consumo di ossigeno. Successivamente si sono stabilizzate le condizioni lungo la colonna d’acque e il continuo apporto di acque dolci ha creato le condizioni per l’inibizione del rimescolamento in profondità e quindi il mantenimento di condizioni anossiche anche in assenza di DCM.

Si può quindi dire che questo sapropel, confermato essere “freddo”, non si è formato solo per un evento di anossia o di alta produttività, ma che piuttosto queste due condizioni abbiano interagito e supportato la sua deposizione.

E’ in corso la preparazione di un articolo scientifico coordinato dal laboratorio di Sedimentologia, Stratigrafia e Paleoecologia (Prof. A. Negri) del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche.

 

Photocredit: Joerg Keller, 1993.

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